Stratificazioni cromatiche: tra materia e sostanza, il nuovo ciclo pittorico di Lorenzo Basile

Abbandonatala figura, che, seppur stilizzata, solo delineata e spesso deformata, appariva ancora sulle sue tele, il nuovo ciclo pittorico di Lorenzo Basile dal titolo “Stratificazioni” si affida esclusivamente alla materia.
I colori,che in passato si accostavano senza sosta con continui rimandi ai complementari o, al contrario, a suggerire contrasti stridenti, qui lasciano il posto a uno studio intimo ma meticoloso delle possibilità espressive delle singole tonalità di colore, di cui si indagano sfumature e sovrapposizioni. Nella realizzazione di opere caratterizzate da gradazioni di un unico colore, Basile vuole mostrare come ciascuna tonalità possa reagire alla superficie materica su cui viene collocata, in base, quindi, ai diversi materiali utilizzati. E' così che ci rendiamo conto di come le sfumature del blu, dell'azzurro, del rosso, del rosa e così via su sabbia, stracci, stoffe o altro materiale eterogeneo che l'artista accumula sulla tela, non siano mai uguali a loro stesse, perché alcuni oggetti assorbono di più il colore, diventandone pregni, altri lo respingono o ancora lo riflettono. E la materia si accumula, si stratifica, raccoglie al suo interno: è rifugio per il colore e per l'anima. Le finalità espressive della materia, però, fanno i conti con un senso della misura che non le consente di prendere il sopravvento. La pittura di Basile lascia respirare, non soffre di horror vacui, di accumulo compulsivo. La composizione è il punto focale della narrazione: in alcune tele essa si sviluppa attraverso un dinamismo verticale o orizzontale, ma altrettanto spesso essa tende verso un movimento centrifugo che risucchia l'osservatore e lo conduce sino al centro dell'opera, avvolgendolo e avviluppandolo. Qui accadono due situazioni sostanziali: da una parte il centro è il punto massimo dell'accumulo, una protrusione magnetica che attira lo sguardo, un groviglio estremo di sensazioni che grondano, rivendicando la loro tridimensionalità. Dall'altro lato, invece, ci sono casi in cui proprio al centro, tra i nodi aggrovigliati della materia, si aprono delle fessure, dei solchi, quasi dei piccoli buchi neri che aggrediscono con la forza del vuoto il pieno stratificato della materia. È in casi come questo che sembra che Burri e Fontana possano dialogare sulla tela.
Basile accumula, ma non teme il vuoto, cerca il rifugio della materia, ma lascia trapelare la vacuità dell'esistenza. È una pittura coraggiosa, che non teme l'angoscia. Che affronta temi e sensazioni diversificate, che stratifica il conscio e l'inconscio, lasciando ad essi di disporre liberamente dello spazio. Perché la tela è lo spazio dell'io, della vita che vuole entrare, lasciare i suoi relitti: sono gli scarti a diventare strumenti espressivi nelle mani dell'artista, il quale li usa, li dispone, li colora, li deforma. È una lotta tra l'artista che vuole piegare la vita a sé e la vita che cerca di riprendersi il terreno dell'arte: una lotta primordiale che rivive da quando l'arte ha cessato di essere rappresentazione per diventare azione; è diventata immagine mostrata e non più emulata.
Paesaggi evocati, reali, immaginari, flussi di coscienza, pensieri, riflessioni: i titoli, se presenti, sono significativi, ma non ingabbiano la visione. Le opere vanno osservate, ma anche percepite nella loro tridimensionalità. La materia va percorsa, accarezzata, come un lenzuolo stropicciato che nasconde tra le pieghe la vita. L'artista vela e rivela: una stratigrafia artistica che ad ogni sovrapposizione aggiunge significato. E ci restituisce ancora una volta in dono una visione arricchita dell'esperienza umana che è insieme universale e singolare, intima e misteriosa. Come un oggetto magico che l'autore ci chiede di rivelare, strato dopo strato, colore dopo colore. È questo il legame dell'artista con l'osservatore. Tra materia e sostanza. Tra arte e vita.
Critica d'arte
dott. ssa Valentina Basile
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