Senza titolo

Osservando questa tela, ciò che colpisce immediatamente è l’intensità del rosso, carico, spesso, materico: non tanto un colore usato per dipingere, quanto un paesaggio emotivo. La superficie è ruvida, stratificata, piena di rilievi che suggeriscono ferite, cicatrici, solchi. In alcuni punti il rosso vira verso tonalità più profonde e cariche di ombra; in altri, verso sfumature più chiare, quasi una luce che cerca di farsi strada nel magma cromatico.  L’artista non si accontenta del colore “piatto”. C’è una tridimensionalità tattile, che invita non solo a guardare ma quasi a toccare. Le pennellate, i segni, forse anche altri strumenti per creare rilievo sono evidenti: il rosso pulsa, sembra vivo. Pur nella predominanza dell’astratto, emergono tracce: un cerchio in rilievo al centro, quasi un occhio, forse un’ombra di figura distintasi all’interno del caos. Ci sono superfici lisce e altre più aspre, quasi scabre – un contrasto che genera tensione visiva. Il rosso domina, ma non è uniforme. Ci sono variazioni cromatiche, in termini di luminosità e saturazione, che creano profondità e movimento interno pur in una palette limitata. L’opera respira passione, rabbia, dolore, ma forse anche qualcosa di più primitivo: la pulsione, la vita sotto forma cruda. Il rosso, da sempre, richiama entrate in circolo del sangue, al fuoco, al calore, al pericolo. Qui si percepisce un’urgenza. L’artista sembra aver voluto tradurre senza mediazioni una zona dell’anima dove conflitto, impulso, memoria si intrecciano. C’è una sorta di ignoto che abita la superficie. Da una parte questo rosso che “ingoia”, che copre, che emerge forte; dall’altra piccoli segni, tracce, forme più contenute – presenze che resistono al dominio del colore. Forse metafora di identità, ricordo, fragilità che si affermano nonostante la forza della materia.

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