Senza titolo

mista, 2025

In quest’opera la materia pittorica si fa luogo di immersione e di silenzio, un territorio di profondità emotive in cui il blu domina come principio generativo e concettuale. Le superfici si articolano in un dialogo di toni cobalto, oltremare e turchesi, stratificati in una tessitura quasi geologica, dove il colore si addensa e si rarefà, creando vibrazioni di luce che emergono dal buio come frammenti di memoria. La pittura non descrive né rappresenta: si offre piuttosto come esperienza percettiva, come campo sensoriale in cui l’occhio si perde e la materia diventa linguaggio. Le increspature, le pieghe e i rilievi che attraversano la tela non sono meri accidenti formali, ma tracce di un gesto consapevole, di un fare pittorico che esplora la soglia tra pittura e scultura. Qui il colore si comporta come una sostanza viva, tattile, che respira nello spazio e lo trasforma in presenza. L’artista sembra indagare il blu non come semplice valore cromatico, ma come idea, come archetipo della profondità e del mistero. In questo senso, l’opera evoca le ricerche monocromatiche del secondo Novecento — da Yves Klein alle sperimentazioni materiche di Burri e Tàpies — ma se ne distacca per una tensione più intima, più meditativa, dove la superficie diviene specchio di un’interiorità sommersa. L’intero impianto compositivo è governato da un equilibrio sottile tra densità e leggerezza, tra immersione e affioramento. Le zone di ombra e le campiture più fredde non generano contrasti violenti, ma una modulazione lenta, quasi respirata, che invita lo sguardo a un tempo di contemplazione. Quest’opera, dunque, non si limita a essere un esercizio di forma o di colore: è un atto di ascolto, un tentativo di tradurre in pittura la vibrazione del silenzio, la gravità del respiro, la profondità di un pensiero che si manifesta attraverso la materia stessa.

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